Corpi trasparenti
Giada Mazzini
A cura di M. Lapperier
Die Mauer – Arte contemporanea
30 maggio – 30 giugno 2019
Prato, Palazzo Datini
Carta e acciaio
Mattia Lapperier
Carta e acciaio, seppur in modo diverso, rappresentano per Giada Mazzini due preziose occasioni di confronto con se stessa e con la propria arte. Due materiali molto differenti per forma, colore, consistenza e aspetto convivono nelle opere di Giada Mazzini, quasi alludendo alle due anime dell’artista; quella più tenace e coraggiosa, dura a piegarsi, e quella intima e riflessiva, che offre alla carta la propria interiorità, talvolta condensata in parole o, come in quest’occasione, in delicati e vibratili acquerelli.
A indagare con occhio attento, seppur discreto, il lavoro dell’artista concorrono le fotografie di Andrea Chimenti; esse non solo mostrano la genesi delle opere ma, valicando la consueta inaccessibilità dello studio, concedono al visitatore la rara opportunità di entrare in contatto diretto con il processo creativo che le ha generate.
Come accennato, la carta è il medium prescelto dall’artista per imprimervi la propria emotività. È una sostanza accogliente, seducente al tatto, è calda e stride quasi brutalmente con il freddo dell’acciaio. Alla carta Giada Mazzini ha da sempre affidato i propri pensieri, sogni, desideri e ambizioni, gelosamente custoditi in segretissimi diari che conserva per sé. Allo stesso tempo tuttavia sulla carta disegna, dipinge, sperimenta nuove tecniche e materiali. Molte delle opere in mostra rivelano efficacemente il dialogo intimo che l’artista intrattiene con essa. L’acquerello delinea e sfuma i suoi (auto)ritratti. Il colore liquido, per sua natura mutevole e immediato, è colato verticalmente, così da infondere alla figurazione un aspetto evanescente. L’effetto è quello di una fresca e fulminea impressione, suggerita anche dalla dominante palette grigio-azzurra, proposta dall’artista sia su carta che su acciaio.
Se con la carta Giada Mazzini ha instaurato un rapporto duraturo, stabile, quasi confidenziale, di tutt’altra natura è quello che, sin dal 2011, la lega all’acciaio. Ella lo manipola, lo piega, lo brucia con la fiamma ossidrica, interviene persino sulla sua superficie lucida con la smerigliatrice, ottenendo così un effetto scabro, dai sorprendenti valori tonali. L’acciaio da parte sua, quasi avesse una propria personalità, oppone resistenza, non si lascia del tutto domare dagli interventi dell’artista, rendendoli ardui ma non per questo meno efficaci. È percepibile una dicotomia apparente tra gli effetti ricercati e quelli ottenuti. Questi ultimi, in parte casuali, non solo sono accettati dall’artista ma in un certo senso sono addirittura accolti come parte fondante della propria ricerca professionale e introspettiva, facendosi metafora della vita e dell’incolmabile dualità, comune a ogni individuo, tra ciò che è e ciò che vorremmo che fosse.
L’acciaio in alcuni casi è piegato e dipinto, in altri è intrecciato e sottoposto a combustione, in altri ancora fende la carta, la tiene insieme e allo stesso tempo l’attraversa invadendone lo spazio. Rappresenta per l’artista il coraggio, l’energia, la vitalità, la crescita, l’espansione e, al contempo, esso lega, costringe, isola. Silence incarna in modo efficace il dualismo tra acciaio e carta. Il triplice ritratto è come trattenuto dal metallo, l’acquerello evoca quelli che la stessa artista definisce “corpi trasparenti”, la tonalità fredda si accorda armonicamente a quella dell’acciaio; tali elementi, uniti all’originale intersezione di piani, suggeriscono di per se stessi un quieto silenzio meditativo. In Save me la carta riveste l’acciaio; essa si ripiega su se stessa come la copertina di un libro, consentendo solo a uno sguardo più attento, che non si arresti all’apparenza, la possibilità di andare oltre, così da scoprire il ritratto specchiato celato all’interno dell’opera. Se in Overstep, Transparent woman e Let me say il metallo interviene prepotentemente sulla composizione, quasi violandola e insieme conferendole vitalità e movimento, in Shadow esso si fa supporto per la pittura e, nonostante siano presenti i fori per consentirvi l’eventuale accesso, in questo caso non interviene, svincolando totalmente dal suo giogo la mano del “corpo trasparente”. Un analogo anelito alla libertà è riconoscibile in Look closer; l’opera ci invita ad avvicinarci, si mostra nuda all’occhio, aperta. L’acciaio in questo caso è al collo della figura femminile ma non stringe, non cinge, libera.
I recenti lavori di Giada Mazzini sondano una dimensione intima. Esplorano un territorio complesso come l’inconscio, restituendone una rappresentazione che si configura come delicata e transitoria ma, al contempo, vigorosa ed energica. La carta e l’acciaio, non solo metafora della personalità dell’artista, sono la grammatica con cui quest’ultima compone il suo linguaggio multiforme, a metà strada tra il figurativo e l’astratto. Materiali opposti per le proprie caratteristiche intrinseche, coagulano l’uno nell’altro, in aperto e dialettico confronto.